"Avremmo voluto che la nostra tesi fosse il progetto di una villa. Nel più arcaico possibile senso del termine.
Da un lato, perché è un tema accademicamente poco trattato, per ragioni anche elementarmente pratiche. E perché nel tempo dei grandi flussi aeroportuali, delle cattedrali museali e dell’architettura totale, il modesto progetto di una villa pare ormai troppo naïf e affetto da nanismo per essere considerato con attenzione dall’iperuranio dei grandi maitres à penser. E quindi è una sfida interessante.
Dall’altro perché, nonostante le contingenze, resta sempre un tema di un’attualità e di una potenza espressiva quasi uniche nell’architettura.
Perché risale alle sorgenti dell’architettura stessa.
Perché nasce prima dell’architettura stessa."

Tale era l'introduzione alla nostra tesi. A parte l'inevitabile grandeur (perdonateci, si trattava pur sempre di una tesi...), il succo era questo. E per un progetto simile, un ingrediente fondamentale mancava all'appello: avevamo bisogno di un committente.

Cominciava tutto così, con un'email a WM4 che troverete nella sezione dedicata. Nessun legame di parentela, nessuna amicizia in comune, nessun santo in paradiso: solo qualcuno, dall'altra parte, che, arrivato dove è arrivato, ha avuto ancora voglia di fermarsi e ascoltare, la voce degli altri, e non solo la propria. Di provare a battere una strada nuova. Aquila ne capit muscas, dicevano. Balle. Eccoci qui.

Ne sono seguite molte altre, di email, e telefonate, e 'riunioni'. Ne è nata - possiamo permetterci? - un'amicizia. E a questo proposito, va sottolineato, il merito di questo lavoro che si spera li racconti almeno un po', è più loro che nostro. Alla discussione della tesi c'era anche WM4, che il biglietto per venire a spiegare quanto di loro raccontasse il nostro progetto se lo è pagato da solo. Non è l'unica cosa che abbiamo imparato, ma anche questa è stata una lezione. Di stile.

Sappiamo bene che i Wu Ming non amano il divismo. Sappiamo che hanno sempre lottato perché fosse importante quello che fanno, e non un qualche loro presunto status. Ma in queste righe non c'è nulla, ci pare, di apologetico o agiografico. Dovrebbero spiegare, al contrario, che l'impegno del collettivo non è, come vorrebbero farci credere, solo profuso nello scrivere libri. Quello che fanno, è anche questo. Sempre a prua, con lo sguardo puntato in avanti, e le orecchie aperte. Senza nemmeno il bisogno di farsi legare all'albero di maestra, tanto è salda la mano sul timone. E' stato un piacere lavorare con loro.

 

IL LOGO
Il logo che identifica il progetto, che vedete in alto a sinistra e in questo sito serve per riportarvi all'home page, nasce da una libera variazione dell'ideogramma Wu Ming. Ovviamente non sappiamo se in cinese abbia un significato. Forse è meglio così. L'idea è di riprendere e miscelare due concetti fondamentali: la stilizzazione, quasi atavica, della casa, con un tratto più antico delle case stesse, e un accento circonflesso. Questo accento, come saprete, rappresenta in generale un mutamento nella lingua, una grafia diversa dello stesso significato. Naturalmente sappiamo anche che tecnicamente si tratterebbe di un'elisione, mentre qui più che togliere vorremmo aggiungere qualcosa. Ma cosa volete fare, noi architetti siamo così, ascoltiamo solo quello che ci interessa.

 

IL SIMBOLO
Il segno che viene usato come spunta nelle voci di menu, e che è presente a tutta altezza sulla destra di ogni pagina, riprende il disegno che abbiamo dato al paesaggio interno alla WMH. Lo troverete spiegato più in dettaglio nella sezione concetti, se vi interessa.

 

L'IMMAGINE
L'immagine qui a sinistra è una divagazione sulla forma e sul materiale del 'guscio' che contiene il tavolo mobile dei Wu Ming, avvolto nelle pagine. Cosa sia, e perché, è spiegato altrove, e non vogliamo rovinarvi la sorpresa.